In base alla Carta Costituzionale, la nostra è una Repubblica fondata sul lavoro. A taluni questa fondazione è apparsa gracile, in quanto il lavoro viene considerato dalle teorie economiche una merce. Ad altri è sembrata una affermazione imprecisa, in quanto l’indole italiana più che al lavoro è legata al posto di lavoro. Ad altri ancora è apparsa una eccessiva concessione al mito marxista del lavoratore. In realtà a fondamento della nostra Costituzione c’è la libertà della persona che lavora, la persona che, grazie al lavoro, rende possibile il progresso economico, sociale e umano. In un modo o nell’altro, la nostra esistenza dipende dal lavoro, nostro o altrui, lavoro che ha costituito la struttura portante dell’evoluzione della civiltà.
Sul piano storico, il riconoscimento della dignità sociale della persona che lavora e la traduzione in realtà del principio della libera iniziativa dell’uomo sono state lunghe e faticose, ma hanno determinato una visione dello sviluppo economico e sociale che si sta affermando, a livello mondiale, con sempre più nazioni coinvolte nei meccanismi di mercato e il conseguente affrancamento dalla povertà di centinaia di milioni di persone.
Estratto da “La sfida educativa”
Rapporto-proposta sull’educazione
a cura del Comitato per il Progetto Culturale della Conferenza Episcopale Italiana
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