Occorre tenere vivo nella cultura e nel costume odierni il concetto vero di coscienza quale «nucleo più segreto e sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria» (GS 16). La coscienza ha bisogno di essere continuamente purificata; essa peraltro ha pretese di lealtà e prudenza, nella consapevolezza dei possibili abusi che possono verificarsi circa i grandi valori, quando la si chiama in causa troppo in fretta. C’è un travaglio precedente, per così dire, fatto di studio e di confronto, che è sanamente propedeutico all’orientamento e alla decisione da prendere. In secondo luogo, occorre sperimentare la coscienza, per imparare a scegliere sempre il bene concreto, tenendo presente che il bene dell’uomo coincide con la sua strutturale apertura al futuro. Nell’impianto dell’essere ci sono pilastri irrinunciabili o imprescindibili. Ci sono principi che non sono negoziabili, dove l’espressione negativa non sta a dire che non se ne possa discutere, anzi; significa piuttosto che, per loro natura, essi emergono con evidenza propria dalla realtà, infrangibili e intrattenibili, salvo che non si eserciti la violenza. Si tratta allora di riconoscerli nelle mille, diverse e cangianti situazioni, identificarli nella circostanza data, farli luccicare nella loro intrinseca plausibilità. La vita umana dal suo primo istante alla morte, la libertà di crescere e maturare, il matrimonio tra l’uomo e la donna, sono beni fondamentali e fondativi; sono beni senza dei quali non ce ne potranno essere altri, come il lavoro, l’inclusione, la sicurezza, l’ambiente, la pace.… Le necessarie mediazioni che la politica richiede non potranno mai infirmare i beni primari, né indebolirli o contraddirli, né sottrarre loro l’energia che apre al futuro. Vanno fatti costantemente salvi in una dinamica organica che ne svelerà l’intrinseca e gerarchica connessione. E’ necessario educare e formare la coscienza. Essa infatti può farsi debole e inferma, può essere deformata a tal punto da esprimersi a stento o in modo distorto. Il silenzio della coscienza, per incuria e abbandono, può far scambiare l’istintività per spontaneità, il velleitarismo per pertinenza, l’ingiustizia per giustizia, la morte per vita, l’egoismo per amore. Esercitare la coscienza nel discernimento ecclesiale. Per riuscire in una scelta concretamente buona serve il discernimento, che non è mai un’iniziativa solitaria perché include la comunità ecclesiale, nella quale il discrimine viene dalla Parola di Dio e dal Magistero. Abbiamo bisogno dell’una e dell’altro perché la coscienza sia “convenientemente formata” (Gaudium et spes, 43). Card. Angelo Bagnasco