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 Progetto Culturale - Punto di vista - Vietare l'eterologa non lede i diritti 

n° 27 - 8 novembre 2011

Vietare l'eterologa non lede i diritti

 

Per capire la questione

Il divieto di fecondazione artificiale eterologa non vìola la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. È un vero e proprio "ribaltone" a sorpresa quello reso noto il 3 novembre scorso dalla «Grande Chambre» – l’istanza di appello – della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di procreazione assistita. I giudici di Strasburgo hanno ritenuto che non vi sia, da parte dell’Austria e della sua normativa sulla provetta che non consente la fecondazione eterologa, alcuna violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu).
L’«Austrian artificial procreation act», l’equivalente della legge 40 italiana, era finita davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo a seguito del ricorso di due coppie austriache che sostenevano come la legge di Vienna sulla fecondazione in vitro ledesse il loro diritto a formare una famiglia discriminandole rispetto ad altre coppie che potevano ricorrere a questa tecnica. Per i ricorrenti la fecondazione artificiale eterologa – cioè col ricorso a seme o ovuli esterni alla coppia – era l’unico modo per poter ottenere una gravidanza. In una prima sentenza, l’1 aprile 2010, la Corte aveva dato loro ragione affermando che proibire il ricorso alla donazione di ovuli e sperma per la fecondazione in vitro era ingiustificato in quanto un simile veto costituirebbe violazione dei diritti garantiti dalla Convenzione europea per i diritti dell’uomo. Ma il governo austriaco, sostenuto anche da Italia e Germania, aveva chiesto e ottenuto una revisione del caso davanti alla Grande Chambre che, con la sentenza di oggi, ha ribaltato la sentenza di primo grado. Secondo la Corte, non c’è stata violazione dell’articolo 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea.
Le reazioni alla sentenza di Strasburgo non si sono fatte attendere. L’associazione Scienza & Vita, per voce del presidente nazionale Lucio Romano, mette in risalto il valore della tutela del concepito: «Il divieto di fecondazione eterologa pone le sue basi sulla necessità di tenere conto della "dissociazione" di maternità e paternità, propria della tecnica. La Corte evidenzia in maniera inequivocabile la prevalenza di un principio fondamentale del diritto: la certezza dell’identità genitoriale». Soddisfazione anche da parte di Carlo Casini, presidente del Movimento per la Vita, che rileva come «le numerose aggressioni anche giudiziarie contro la legge 40 da oggi dovranno misurarsi contro questo nuovo consistente baluardo». Casini rimarca anche che «la Corte europea riconosce agli Stati la libertà di decidere autonomamente in materia di famiglia e di vita e perciò implicitamente respinge l’idea che esista un diritto al figlio come diritto umano fondamentale».
 

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