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 Progetto Culturale - Punto di vista - La cultura, oasi di incontro e dedizione 

n° 22 - 4 ottobre 2011

La cultura, oasi di incontro e dedizione

Lorenzo Rosoli 

Per capire la questione

«Col sostegno di tutti spero di aiutare il cam­mino lunghissimo del­la Chiesa ambrosiana a servizio di ogni uomo e ogni donna». Una Chie­sa, come mostra il volto multietni­co di tanti oratori mi­lanesi, che «sa abbat­tere tutti i bastioni e accogliere tutti, per­ché sa proporre un senso»; così concorre a costruire quel «bene sociale» che implica «un appassionato, continuo confronto in vista di un ricono­scimento reciproco». La sfida è quella di un «compromesso nobile» fra tutte le passioni e le intelligenze che abita­no Milano, perché Milano possa es­sere «un’oasi», cioè «un crocevia, un luogo d’incontro», il luogo di quel «dialogo profondo» che è «capacità di lasciarsi fecondare dall’ascolto».
È l’appello che il nuovo arcivescovo lancia al mondo della cultura e del­la comunicazione, incontrato ieri se­ra nella sede del Museo Diocesano. Davanti al cardinale Angelo Scola, centinaia di persone: i responsabili di università, accade­mie, fondazioni, mu­sei, istituti di cultura, imprese editoriali, dello spettacolo, della pubblicità, assieme a direttori e responsabi­li dei giornali, delle ra­dio, delle tivù milane­si.
Enrico Decleva, rettore dell’Univer­sità degli Studi, ha denunciato la rot­tura del legame fra sviluppo e cul­tura che tanta parte ha avuto nel progresso di Milano, affermando co­me solo «insieme», con scelte con­divise, la città potrà superare i ven­ti della crisi. Una crisi che Gianni Riotta, scrittore ed editorialista de La Stampa , ha stigmatizzato in tut­ta la sua gravità, nella sua dimen­sione economica come in quella morale e culturale, paventando la guerra fra poveri e la guerra di tutti contro tutti; ha quindi chiesto a Sco­la che la Chiesa ambrosiana conti­nui ad accogliere la sete di speran­za della città perché Milano sia «l’oa­si dove tutti possono lavorare insie­me ». Giacomo Poretti, attore, sce­neggiatore, regista, componente del celebre trio «Aldo Giovanni e Giaco­mo », con un intervento travolgente ha raccontato a Scola le ragioni del­la sua passione di «innamorato di Milano». Infine, echeggiando le pa­role di Scola nel giorno dell’ingres­so in diocesi, gli ha detto: «Io pro­metto di non perdere di vista Dio, ma lei – possiamo chiamarla sinda­co delle anime ? – prometta di non perdere di vista gli oratori». Lo scrit­tore Ferruccio Parazzoli ha tratteg­giato il volto di una «società senza i­dentità », dove «la deriva morale e culturale di un Paese» accade «nel­l’indifferenza generale». A Milano non sono mai mancati grandi mae­stri e punti di riferimento «come Tu­roldo, Lazzati, Giussani, Martini. E oggi? Ce ne sono ancora? Se ci sono, sono invisibili, som­mersi dalla società del virtuale e dello spettacolo».
Proprio prendendo spunto dall’«apologia del rischio» tracciata da Parazzoli, Scola ha ribadito come «non esiste libertà senza ri­schio ». E come – at­tingendo alla lezione del gesuita Michel de Certeau – «il rischio della libertà de­ve concretizzarsi nell’impegno di tutti a porre qualcosa di solido». Ed è «insieme» la strada per «costruire qualcosa di solido». In una società plurale ciò richiede la capacità di un «riconoscimento reciproco», di un «compromesso nobile» che edifica il «bene sociale». Milano ha una tra­dizione in questo, ha affermato Sco­la richiamando l’immagine di «me­tropoli illuminata, operosa e solida­le » offerta domenica in Duomo: u­na tradizione che ab­braccia l’illuminismo come il movimento o­peraio di matrice so­cialista come il movi­mento sociale cattoli­co. Un patrimonio di impegno per il bene comune che si è sem­pre espresso nella «gratuità», poi dilapi­dato nella stagione del professionismo della politica. Dimensioni da ritrovare, in quella «oasi» di dedizione all’altro, accolto nella sua realtà e verità, che Scola sogna e spera per Milano. E non da solo.
 Lorenzo Rosoli

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