Torna alla home
 Progetto Culturale - Punto di vista - La Svizzera e il turismo della morte 

N° 7 - 5 Aprile 2011

La Svizzera
e il “turismo della morte”

Servizio nazionale

Per capire la questione

Uccidere è un delitto, non un diritto
Il cantone di Zurigo, il più popoloso della Svizzera, ha respinto in due referendum il tentativo di due partiti cristiani di vietare o limitare il suicidio assistito. La pratica è legale nel Paese dal 1941. Negli ultimi anni ha generato il "turismo della morte", da parte di cittadini di altri Paesi europei. Gli abitanti di Zurigo hanno rigettato con una percentuale dell'80% entrambi i quesiti referendari, che avevano l'intento di fissare dei paletti per impedire a cittadini non residenti di essere "aiutati" a morire in Svizzera. Il quesito presentato dall'Unione democratica federale (Udf, di ispirazione cristiana) chiedeva al Parlamento svizzero di rendere punibile qualsiasi forma di istigazione e di aiuto al suicidio, mentre quello avanzato dal Partito Evangelico proponeva di porre fine al "turismo della morte", limitando l'assistenza al suicidio a chi risiede nel cantone da almeno dieci anni.
In Svizzera si registrano in media 1.400 suicidi all'anno, pari al 2,2% del totale dei decessi. Secondo le cifre fornite dall'associazione Dignitas, l'unica in Svizzera ad assistere cittadini stranieri candidati al suicidio, l'organizzazione ha accompagnato fino alla fine del 2010 un totale di 1.138 persone.
"Uccidere non è un diritto, ma un delitto. Il risultato del referendum in Svizzera incentiva una pratica che in altri paesi, compresa l'Italia, è considerata un delitto. Per capirci, è come se si incentivasse la fuga di capitali o il riciclaggio di denaro sporco. Ma il delitto è molto più grave. Questa è complicità al male". È la valutazione che il cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la Vita, dà del risultato del referendum con cui il Cantone di Zurigo ha detto sì all'assistenza al suicidio anche per i non residenti. "Non so giudicare l'esito di questo risultato referendario dal punto di vista della coerenza con il diritto internazionale - ha detto Sgreccia - ma dal punto di vista morale è un incentivo, un incoraggiamento a far sì che la legge di altri paesi, compresa quella italiana, sia trasgredita e la legge morale sia calpestata, visto che l'Italia giudica che l'eutanasia sia un'offesa alla vita umana. Penso che sia negativo anche per la cooperazione tra i due Stati e che la norma sia legalmente di dubbia qualità ".
Rispetto al fatto che normative di questo tipo siano oggi considerate da ampie fette della società come un ampliamento dei diritti del singolo, Sgreccia sottolinea che "non esiste un diritto all'uccidere: se questo fosse definito tra i diritti dell'uomo, si faciliterebbe un delitto, non un diritto".

Per Approfondire

Il fatto

guarda il video
Tags