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Puig Tarrech e Mons. Sanna: L'importanza della gratuità   versione testuale

L'evento "Gesù e i poveri"








“Lo scandalo dei discepoli di ieri e di oggi è non capire l’importanza della gratuità”, sulla quale peraltro si fonda “il rapporto tra Dio e gli uomini”. Parlando, questa mattina, di “Gesù e i poveri”, all’interno dell’evento internazionale in corso a Roma , Armand Puig Tarrech, docente di Nuovo Testamento presso la Facoltà teologica della Catalogna, ha richiamato l’attenzione sul concetto di povertà secondo Gesù Cristo.
 
Egli “sfugge ogni pauperismo - ha sottolineato - allargando la definizione di poveri”. “La vita di Gesù - ha ricordato - è percorsa da un rapporto costante con i poveri, che spesso hanno il volto dei malati, nel corpo e nello spirito”. I poveri, insomma, “sono i bisognosi”, qualunque sia la natura del loro bisogno.
 
Certo, “il discepolo non può fare a meno dell’elemosina, come atto di compassione”; una generosità, ha richiamato Puig Tarrech portando l’esempio evangelico dell’obolo della vedova, che “non va collegata con la ricchezza, con la possibilità di dare, ma con la gratuità, con la volontà di dare ciò che si ha”.
 
Per il discepolo, infine, amore per Dio e per i poveri non devono avere una gerarchia, “la vicinanza ai poveri si basa proprio sul primato di Dio” e “mettendo l’amore per il prossimo accanto all’amore di Dio”, ha concluso, “il primato di Dio non viene sminuito”.
 
Ricordare “il vero significato” dell’opzione preferenziale per i poveri: significa “che la solidarietà verso i poveri è la prima di altre forme di solidarietà” e “non esiste contraddizione tra l’opzione preferenziale per i poveri e l’universalità del’amore divino”, ha aggiunto Mons. Ignazio Sanna, arcivescovo di Oristano e membro della Pontificia Accademia di teologia.
 
Mons. Sanna ha centrato l’attenzione su tre diverse accezioni della povertà. Dapprima la “povertà reale” che è drammatica in quanto coincide con “l’insignificanza sociale”: è “marginalità, esclusione, non solo dal punto di vista economico, ma anche per fattori culturali o sociali”.
 
In secondo luogo la “povertà spirituale”, che ha invece un valore positivo dal momento che è “fiducia totale in Dio e nella sua provvidenza”; si potrebbe definire “infanzia spirituale”, ha aggiunto il vescovo intendendola come “capacità di porre la propria vita nelle mani di Dio e fare la sua volontà”. Infine “la povertà come scelta di vita”. Dunque, “c’è una povertà subita che va combattuta e una liberamente scelta”.
 
A tal riguardo, ha messo in guardia mons. Sanna, “talvolta si pensa di essere solidali con i poveri divenendo la loro voce, ma questo non basta: bisogna far sì che i poveri stessi abbiano voce”.