Il Santo Padre, nella recente Enciclica, ha sottolineato che “non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia”, affermando così la radicalità della questione antropologica: questa, a seconda dei contenuti, ispira una civiltà umana o antiumana. E aggiunge con chiarezza che “l’antropocentrismo moderno, paradossalmente, ha finito per collocare la ragione tecnica al di sopra della realtà”.
Proprio questo vuol essere il centro del Convegno Ecclesiale di novembre: le parole del Papa non solo confermano, ma illuminano la nostra riflessione e incoraggiano la strada del decennio sul tema educativo. Educare, infatti, richiede un fulcro da cui partire e a cui tornare, richiede cioè una visione antropologica vera e completa, aperta alla trascendenza, alla relazione e alla unitarietà della persona. La crisi antropologica sta all’interno di quella che il Papa chiama “cultura del relativismo”: “Questa è la stessa patologia che spinge una persona ad approfittare di un’altra e a trattarla come un mero oggetto, obbligandola a lavori forzati o riducendola in schiavitù”. La distorsione antropologica porta a uno squilibrio sempre più vasto nelle relazioni con gli altri, con l’ambiente e con il mondo, con la vita. E, innanzitutto, con se stessi, giungendo a quella cultura dell’ “usa e getta” che porta a scartare tutto ciò che non rientra nei propri scopi: “Se l’essere umano si dichiara autonomo dalla realtà e si costituisce dominatore assoluto, la stessa base della sua esistenza si sgretola”, e così la stessa vita sociale, ritenendosi ciascuno in diritto di decidere qualunque cosa a prescindere. Quando la cultura si corrompe, non si riconosce più alcuna verità oggettiva né principi universalmente validi.
È significativo che i Presidenti delle Conferenze Episcopali d’Europa abbiano affermato la centralità e l’urgenza della questione antropologica, rispetto alle derive che si moltiplicano e dilagano nei rispettivi Paesi. Tutti si sono chiesti come poter operare affinché il rinnovato annuncio del Signore Gesù possa toccare i cuori e illuminare le menti, per non essere omologati dalla dittatura del pensiero unico di cui spesso parla il Santo Padre. In questa prospettiva, non pochi di loro guardano con interesse al nostro prossimo Convegno nazionale, dove, al di là di analisi già note, come Chiesa italiana ci impegniamo a individuare strade da percorrere e obiettivi da perseguire.