«Servizio» e «misericordia». È questo in sostanza il messaggio lasciato da Francesco nella terza giornata trascorsa nell’Isola caraibica. Due aspetti che investono la convivenza per il superamento delle tensioni del passato e la realizzazione di un’«amicizia sociale» per costruire il futuro. Perché da qui passa «la speranza “autoconvocatrice” di un popolo che sa convocarsi per darsi un futuro» come ha affermato il Papa. Ed è un messaggio che riguarda particolarmente la comunità ecclesiale, non solo cubana.
Francesco ha parlato in un’altra Plaza de la Revolucion dopo quella dell’Avana. Quella della città di Holguìn nel sud dell’Isola, mai prima visitata dai pontefici. E anche qui la riflessione durante l’omelia si è incentrata sul servizio alla persona e sulla misericordia. Con un nuovo appello a non abusare dei concittadini, a correggere quelle “miopie” che creano pregiudizi, a non snaturare l’autentico servizio, quello che «non cade nella tentazione di chi “si serve degli altri” e ha come interesse il beneficiare “i miei” in nome del “nostro” generando una dinamica di esclusione». «L’attenzione ai poveri, agli ultimi non può diventare uno slogan, trasformarsi in ideologia o in retorica». Alla Chiesa quindi il compito di trasmettere nella società cubana lo sguardo di misericordia di Gesù, lo stesso che ha segnato la vita dell’evangelista Matteo, il pubblicano perdonato.
Francesco ha ripreso quanto aveva affermato nell’omelia all’Avana e ha fatto qui comprendere come il servizio scaturisce dalla misericordia perché è solo lo sguardo di Cristo che può generare un’attività missionaria, di servizio, di dedizione. «Il Suo amore ci precede, è Lui che va avanti, apre la strada, invita a superare le nostre resistenze al cambiamento di noi stessi e degli altri, guarisce le nostre miopie e ci stimola a guardare oltre, a non fermarci alle apparenze o al politicamente corretto”. «Sant’Ambrogio ha una frase che mi commuove molto: “Dove c’è misericordia, c’è lo spirito di Gesù. Dove c’è rigidità, ci sono solo i suoi ministri” ha detto il Papa celebrando questa messa nel giorno della ricorrenza della sua vocazione sessantadue anni fa. Così, la sua omelia ha preso anche i tratti di un'intima confessione di fede personale. Dove affiora il dinamismo proprio e imparagonabile della esperienza e della missione cristiana. Con la loro distanza genetica da ogni militantismo culturale, ideologico o religioso.
Per Papa Francesco la misericordia non è uno sforzo. Si è misericordiosi verso gli altri solo perché si condivide, si partecipa della misericordia di Cristo. Di Colui che «vede sempre ciò che di più autentico vive in ogni persona, che è appunto l’immagine del Padre». Aver sperimentato la misericordia di Cristo su se stessi rende possibile essere misericordiosi verso gli altri, e può far nascere un autentico e fecondo spirito missionario. E questa la via che Papa Francesco ha suggerito a tutta la Chiesa, dalla messa di piazza di Holguín. E l’ultimo giorno del suo passaggio a Cuba non poteva perciò che concludersi sotto «gli occhi misericordiosi di Maria». Oggi la messa nel santuario mariano della Virgen de la cardidad del Cobre a Santiago, poi la partenza per Washington.