Torna alla home
 Progetto Culturale - Punto di vista - Dio c'entra 

n° 124 - 30 gennaio 2014

Dio c'entra

 

Per capire la questione

      Vorremmo far risuonare alta e mite la voce dei secoli e ripetere al mondo moderno che Dio c’entra con la vita, non è lontano e indifferente, non è nemico oscuro della gioia ma ne è la perenne sorgente, non è concorrente geloso della libertà ma ne è la più sicura garanzia. Vorremmo ripetere con i grandi testimoni del Vangelo, con i Dottori della fede, che Dio è dalla parte dell’uomo, e che nulla è più stupefacente di un’esistenza comune e di un cuore semplice che vive con Lui.
Non è forse questo messaggio che risuona oggi come una novità cercata spesso a tentoni, desiderata e attesa sapendo che essa esiste in qualche parte di questo mondo affaticato e amato? Messaggio antico che risuona come nuovo e sorprendente in una cultura che sembra una bolla di fantasmi, di miti vuoti, di apparenze luccicanti, di bugie promettenti. E non è forse vero che questo messaggio, che cammina attraverso i secoli e i millenni, prima o poi ha il potere di penetrare – o almeno di interrogare e scalfire – le incrostazioni del cuore, le sordità accumulate, le frenesie del tempo?
Esso ha il fascino di un mistero che attrae e ridesta l’anima ad un modo diverso di vivere con se stessi, con gli altri, con il creato: una forma di vita di cui tutti abbiamo nostalgia e che intuiamo essere la nostra casa! Se Dio c’entra con la vita di ciascuno, infatti, allora ognuno c’entra con la vita degli altri. E questo capovolge i rapporti, il modo di guardarci, di stare insieme; supera ogni forma di intolleranza, e permette di accogliere fratelli e sorelle che per disperazione approdano sui nostri lidi, col desiderio di trovare una integrazione rispettosa e serena. Ma, su scala più ampia, capovolge anche i rapporti tra gli Stati, le Nazioni, i Popoli, perché la giustizia regni e cresca la pace.
Il “noi” capovolge anche il modo di fare economia e finanza, politica e lavoro. Capovolge perché non è più l’iperindividualismo a dettare legge, l’io con la sua vanità e i suoi egoismi a dominare la scena; non sono più le logiche spietate di un mercato selvaggio a strangolare i senza volto, né il ghigno della solitudine che spaventa, ma il “noi” che non fa scarti umani e che non lascia ai bordi della strada nessun debole aggredito e spogliato dai briganti di turno. Abbiamo a che fare con un io ipertrofico e un noi impoverito, come se il noi attentasse all’io di ciascuno. Ma è proprio il “noi” che ispira la cultura dell’incontro e del dialogo, per cui ci si ascolta al fine di comprendersi senza finzioni.
Il “noi” sta alla base di quella visione antropologica veramente umanistica per cui – anche per chi non crede – la persona non solo vive di relazioni ma è relazione; i diritti e i doveri restano tali e i desideri restano desideri; alle cose si riconosce la loro specifica natura, e le differenze vengono dichiarate per quello che sono con rispetto e senza smanie di omologazioni forzate o violente. Nel nostro occidente, sembra di assistere ad uno strano paradosso: quanto più si parla di società e di bene comune, di rispetto e di diritti, tanto più si rivela arrogante il disegno oscuro di omologare tutto e tutti, quasi di azzerare di fatto le identità e le culture, le tradizioni e i valori.
Card. Angelo Bagnasco

Per Approfondire

Il fatto

guarda il video
Tags