E alla fine arriva il tempo di tornare a casa. Qui, in Brasile, sono esperti in quella che chiamano “saudade” e che prende un po’ tutti nel giorno della chiusura. Ma è un classico delle Gmg: dopo aver abitato la città, dopo aver vissuto esperienze forti accanto a migliaia di persone, sentirsi indecisi sul dover tornare è - in fondo - una cosa normale.
I ragazzi hanno voglia di tornare alle loro famiglie; e ancor di più hanno voglia d’incontrare i loro amici per condividere l’esperienza. Avere una storia da raccontare è cosa fondamentale nella vita. Cosa racconteranno?
Diranno di terre lontane, di foreste e di città confuse come solo in America Latina se ne trovano. Diranno di contraddizioni forti, perché le favelas confinano con le case dei ricchi, ma il cuore dei poveri è sempre grande e le loro porte sempre pronte a spalancarsi. Diranno di una città enorme che li ha accolti a braccia aperte, come il Cristo che dal Corcovado abbraccia il mondo.
Diranno, speriamo, di una casa che in terra straniera portava il nome del loro Paese ed effettivamente per qualche giorno è stata una piccola Italia. Diranno dei volti di giovani di altre diocesi, del Nord, del Centro e del Sud, dei loro vescovi che li hanno accompagnati e dei loro preti che non li hanno mai lasciati.
Ma, credo, alla fine diranno di un uomo anziano vestito di bianco, che passando in mezzo a una folla oceanica sprizzava giovinezza da tutti i pori, seminava sorrisi e saluti a larghe mani e - anche lui - abbassava il tono della voce quando si trovava inginocchiato di fronte a un piccolo pezzo di Pane. A quest’uomo, per tutti Papa Francesco, i giovani del mondo sentono di appartenere (hanno cantato all’infinito “questa-è-la gioventù-del-Papa”), da quest’uomo sono stati istruiti. Proprio così, dicono i gesuiti: istruiti. Le sue parole, semplici ma non banali, hanno mostrato loro il prossimo passo, il prossimo respiro e non orizzonti lontani e irraggiungibili.
Alla fine la sfida è di tutti. Di questi ragazzi, certo; chiamati a riprendere il passo quotidiano con una carica nuova. Ma anche e soprattutto degli adulti: perché, una buona volta, non pensino che le cose buone e preziose possono venire solo da loro. Stavolta sono questi giovani che hanno una ricchezza da consegnare alle comunità che li aspettano a casa. A braccia aperte, ci auguriamo! Michele Falabretti