«La fede è fatta per l’orecchio, e l’orecchio per la Parola di Dio», diceva il poeta spagnolo José Bergamín. Ma la fede è fatta prima ancora per l’occhio. Cristo ci invita a spalancarlo sul mistero: non vuole una fede cieca, quella degli schiavi. Vuole una fede che contempla la bellezza, che è il volto stesso di Dio. Vuole una fede da innamorati. «Arte e catechesi – dice monsignor Guido Benzi, direttore dell’Ufficio catechistico nazionale della Cei – si guardano, si rincorrono come lo sposo e la sposa nel Cantico dei Cantici. A volte si raggiungono, a volte si desiderano con nostalgia. L’arte ha bisogno, per esprimere ilsacro, di immagini, simboli e concetti. La catechesi, se non vuole essere solo una riduzione intellettuale dei contenuti della fede, ha bisogno del sensibile, della percezione e dell’esperienza del bello. Già nella Scrittura catechesi e arte si incontrano. La Bibbia è bella per ciò che dice; bella per come lodice; bella perché lo dice. L’idea della bellezza in chiave antropoteologica: “e vide che era cosa buona/bella”, è il ritornello che in Genesi scandisce il compiacimento di Dio per le opere create».
E «L’arte del credere» è il titolo del convegno – promosso dagli uffici Cei per il catechismo, per i beni culturali ecclesiastici, per il tempo libero, turismo e sport, e dal Progetto culturale – che si apre oggi pomeriggio a Modena. Una scelta non casuale quella della diocesi ospitante. Per Vittorio Sozzi, responsabile del Progetto culturale, «il cammino di fede del nostro popolo ha lasciato nel corso dei secoli opere d’arte che danno forma a paesi e città e che ancora oggi sono i luoghi in cui si riconoscono tutti gli abitanti di un territorio.A noi è richiesto di sviluppare un’attenzione che non è solo doverosa cura e conservazione, ma anche valorizzazione di tali testimonianze nel cammino di trasmissione della fede. Porre tale tema poi in un contesto in cui il terremoto dello scorso anno ha toccato i simboli della comunità cristiana significa ridire la necessità che la ricostruzione non solo non cancelli quei luoghi che hanno segnato il senso del vivere di molte generazioni, ma responsabilizzi diocesi e parrocchie a trovare forme adeguate all’oggi per piantare la tenda là dove la gente vive, nel segno della condivisione e dell’apertura dello sguardo alla verità e alla bellezza». Il compito di essere custodi e comunicatori del patrimonio che la storia della fede ciha consegnato vede da anni la Cei in prima linea. «Molte Chiese locali in Italia – dice don Stefano Russo, direttore dell’ufficio Beni culturali ecclesiastici – stanno riscoprendo il grande valore che hanno i beni culturali ecclesiastici in merito all’azione evangelizzatrice. Credo che un elemento determinante che sta favorendo questa “riscoperta” siano gli inventari e i censimenti informatizzati che si stanno realizzando. In Beweb, portale dei beni culturali ecclesiastici (www.chiesacattolica. it/beweb), sono pubblicati e visibili gli oltre tre milioni e mezzo di beni culturali mobili inventariati dalle diocesi italiane».
L’orizzonte delle due giornate di studio e di confronto si pone all’interno dell’Anno della fede perché, come sostiene monsignor Mario Lusek, direttore dell’Ufficio Cei per la pastorale del tempo libero, turismo e sport, «la nuova evangelizzazione non può prescindere dal mondo delle arti. La via della bellezza rappresenta un percorso privilegiato sia per chi vuole approfondire la propria fede, sia per coloro che, pur essendosi allontanati dalla Chiesa, possono ritrovare la nostalgia di Dio attraverso la contemplazione della bellezza che parla di Lui». Oggi pomeriggio, presso il Centro famiglia di Nazareth, l’apertura con il saluto del vescovo di Modena-Nonantola Antonio Lanfranchi, con la relazione di monsignor Massimo Naro e la proiezione del filmCredo .Domani gli incontri introdotti dai direttori degli uffici Cei coinvolti con padre Jean-Paul Hernandez, monsignor Paolo Giulietti, i responsabili dei beni culturali delle diocesi di Modena-Nonantola e Ravenna-Cervia e il coordinatore di «Luoghi dell’Infinito».