Non solo sul versante scientifico l‘anima viene ridotta alla mente, ma anche a livello teologico si tende a far scomparire un concetto che nel corso dei secoli è sempre stato vivo nella teologia cristiana". A lanciare la provocazione è stato Giacomo Canobbio, già presidente dellAssociazione teologica italiana e docente di teologia alla Facoltà teologica dellItalia settentrionale, nel corso di uno degli eventi paralleli del Convegno Dio oggi dedicata a Dio e l‘anima. Nella coscienza comune - ha affermato il relatore - il concetto di anima è stato ritenuto una specie di traccia obsoleta del platonismo, che sarebbe entrato massicciamente nel cristianesimo e avrebbe dimenticato la concezione biblica della natura umana. Secondo Canobbio, anche nell‘ambito teologico, soprattutto quando ha carattere divulgativo, si stabiliscono progressi o regressi senza verificare il senso di affermazioni che la teologia nei secoli passati aveva proposto. Se negli uomini non c‘è una traccia di una provenienza, quindi di una destinazione diversa da quella degli altri esseri viventi - ha rilevato - bisognerebbe allora spiegare perché gli uomini provano quel desiderio di trascendimento, che si esprime in ultima analisi nel desiderio di superare la morte. E questa, ha concluso Canobbio, è un‘esperienza che nessuna riduzione di carattere scientifico riesce a spiegare.
Dobbiamo astenerci dal trovare nelle scienze le ragioni dell‘esistenza di Dio o dell‘anima, ha affermato da parte sua Giorgio Israel, professore ordinario di matematiche complementari all‘Università " La Sapienza" di Roma, per il quale passare dalla descrizione dei processi mentali al pensiero, ai moti dell‘anima è qualcosa di totalmente indebito, è metafisica senza alcun fondamento scientifico. Per questo, ha osservato, occorre invece attingere alla ricchezza della tradizione biblica, dell‘arte, della musica, di fronte alle quali le neuroscienze o le neurofilosofie sono balbettamenti inconsistenti.