Il cambiamento demografico - Eventi
Alleanza italiana per la famiglia
Intervista al prof. Pierpaolo Donati


Pierpaolo Donati è Professore ordinario di Sociologia presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Bologna, dove è anche Coordinatore del Dottorato di ricerca in Sociologia e direttore del CEPOSS (Centro Studi di Politica Sociale e Sociologia Sanitaria). Donati è anche  il fondatore di quella che è nota come “sociologia relazionale”, alla quale si devono una serie di nuovi concetti sociologici. Tra gli estensori del Rapporto-proposta “Il Cambiamento demografico”, gli abbiamo rivolto qualche domanda.
 
Prof. Donati, il precedente Rapporto-proposta sull’educazione proponeva “una sorta di alleanza per l’educazione”. Quale scopo si prefigge quest’indagine?
Lo scopo è duplice. Da un lato prendere coscienza degli enormi squilibri demografici di cui la popolazione sta soffrendo, che sono destinati ad aumentare e non a diminuire se non si interviene rapidamente. Questi squilibri si chiamano, per dirla in breve, ‘depressione demografica’, ovvero ‘suicidio della popolazione italiana’ (una espressione molto forte, che tuttavia è usata dai demografi di tutto il mondo). Dall’altro, e come conseguenza dell’analisi, proporre una nuova “Alleanza italiana per la famiglia” che si concretizza in quello che il Rapporto chiama family mainstreaming. Esso consiste nell’attivare la dimensione familiare in tutte le politiche, sociali, economiche e culturali, così come è stato fatto per il gender mainstreaming (le politiche di pari opportunità fra uomini e donne). Questo nuovo orientamento , indicato dal Rapporto-proposta si può riscontrare in dettaglio nel “Piano nazionale per la famiglia”, elaborato dall’Osservatorio nazionale per la famiglia, che è stato presentato al Governo italiano nel luglio 2011.
Assumendo il paradigma relazionale quale elemento d’interpretazione antropologica del dato statistico, quali sono i punti di maggiore criticità che emergono da questa ricerca?
L’analisi che la sociologia relazionale fa dei dati demografici è molto chiara: il punto di maggiore criticità sta nella perdita di generatività degli italiani, cioè la bassa natalità che perdura da oltre tre decenni e ha effetti assai negativi su tutto il tessuto sociale, provoca crisi e vuoti nelle relazioni di mondo vitale. Tra gli effetti indotti dalla bassa natalità, vi è il restringimento  numerico delle famiglie (l’ampiezza media si è ridotta a 2,4 componenti nel 2010), debolezza delle relazioni interne ed esterne, perdita di contatti e solidarietà fra le generazioni, e così via. Questo significa una frammentazione del tessuto sociale, e la crescente incapacità delle famiglie di rispondere alle situazioni di crisi sociale ed economica. Inoltre, alla base di questi processi, c’è un crescente individualismo e privatismo delle coppie italiane.
Nel rapporto proposta si cerca di confrontare e mettere in relazione i dati della realtà italiana con il contesto europeo. Esiste una specificità per così dire “nazionale” del problema?
Lo stereotipo più diffuso, che il Rapporto mette in discussione, è che l’Italia si stia avvicinando agli standard europei, perché aumentano i single, diminuisce il tasso di matrimoni, cresce il numero di figli nati fuori del matrimonio, aumentano i genitori soli (soprattutto ‘madri sole’), s’incrementano le separazioni e i divorzi, diminuiscono i matrimoni religiosi, e così via. In realtà, però, l’Italia ha ancora una sua specificità, che è quella di una - seppur relativa - maggiore solidità della famiglia, perché i livelli sono inferiori alla media europea. Molti salutano queste tendenze come un progresso che ci avvicinerebbe all’Europa, ma c’è da chiedersi se questi fenomeni indichino un maggiore livello di civiltà oppure una regressione culturale e sociale che avrà delle enormi conseguenze negative, che già cominciano a vedersi nella attuale crisi economica e politica dell’Europa.
 
Non sono però molte le letture dell’attuale condizione economica che chiamano in causa l’elemento demografico.
Pochi, purtroppo, si rendono conto che la crisi italiana ed europea non ha solo delle ragioni economiche e politiche, ma ha anche e soprattutto delle basi demografiche, perché i fenomeni descritti nel Rapporto hanno come conseguenza l’impossibilità di sostenere i sistemi di welfare, indeboliscono la solidarietà fra le generazioni, creano vuoti nel mercato del lavoro che richiamano una forte immigrazione, ponendo così enormi problemi di coesione sociale e culturale. Se una specificità nazionale ancora esiste, essa sta nel fatto che in Italia, nonostante tutto, la famiglia rimane un nucleo di riferimento importante, mentre negli altri Paesi europei l’individualismo e la disgregazione familiare sono arrivati a livelli più elevati. Tuttavia, sia l’Italia che gli altri Paesi stanno entrando nei processi di globalizzazione, e questo significa che andiamo verso una società meticcia e multietnica che cambierà completamente lo scenario nei prossimi decenni. Invece che guardare alle medie europee, occorrerebbe affrontare i cambiamento portati dalla globalizzazione.
Servizio nazionale per il progetto culturale                                                                                                                                                                                                                    


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 06-OTT-11
 

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