Il cambiamento demografico - Eventi
Un prezzo troppo alto
Presentato a Roma il rapporto Svimez


Un prezzo troppo alto
 
Nei prossimi 20 anni il Sud perderà un giovane su quattro
"Benvenuti al Sud". Malgrado il successo di botteghino di un film intitolato così, la realtà fotografata dal Rapporto Svimez 2011 sull‘economia del Mezzogiorno, presentato martedì 27 settembre a Roma, è ben altra: nei prossimi vent‘anni il Mezzogiorno perderà quasi un giovane su quattro, nel Centro-Nord oltre un giovane su cinque sarà straniero. Gli under 30 al Sud saranno oltre due milioni in meno nel 2050, meno di cinque milioni. Gli over 75 passeranno dall‘attuale 8,3% al 18,4.
 
"Tsunami demografico". C‘è il rischio di uno "tsunami demografico", come ha spiegato, durante la presentazione del rapporto, il vicedirettore dello Svimez, Luca Bianchi. Ad andarsene, secondo i dati emersi dal Rapporto, sono i giovani più dinamici e qualificati in cerca di migliori opportunità di formazione e professionali.
 
Un fenomeno che allo stesso tempo è causa e conseguenza dell‘impoverimento economico e culturale del Sud del Paese.
 Così da un area giovane e ricca di menti e di braccia il Mezzogiorno si trasformerà nel corso del prossimo quarantennio in un‘area spopolata, anziana, ed economicamente sempre più dipendente dal resto del Paese.
 
Le cause dell‘invecchiamento della popolazione sono la bassa natalità, la bassissima attrazione di stranieri e l‘emigrazione (che ha riguardato 104 mila persone nel 2010).
Continua la stagnazione. Ma perché i giovani fuggono? Secondo il Rapporto, nel Mezzogiorno anche se lavora ufficialmente meno di un giovane su tre, il tasso di disoccupazione reale sarebbe del 25%.
 
Insomma, il Sud è in stagnazione, con un tasso di crescita del Pil dello 0,1% nel 2011, secondo il Rapporto Svimez. Il Centro-Nord cresce invece dello 0,8% e, a livello nazionale, ci si attesta su un +0,6%. Per il Sud, il 2011 è il secondo anno di stagnazione, dopo il forte calo nel biennio 2008-2009.
 
Tutte le regioni meridionali presentano valori inferiori al dato nazionale e oscillano tra un minimo del -0,1% della Calabria e un massimo del +0,5% di Basilicata e Abruzzo. Molise e Campania segnano +0,1%, la Puglia +0,3%, Sicilia e Sardegna sono ferme.
 
L‘industria, poi, è a rischio estinzione al Sud: delle 533 mila unità perse in Italia tra il 2008 e il 2010, ben 281 mila sono nel Mezzogiorno dove pur essendo presenti meno del 30% degli occupati italiani si concentra il 60% delle perdite di lavoro causa crisi.
 
"Questo processo di declino - si legge nel Rapporto Svimez - potrà essere interrotto solo con una adeguata domanda privata e pubblica capace di favorire una ripresa della produzione e un aumento di posti di lavoro stabili. Il rischio altrimenti è che la perdita di tessuto produttivo diventi permanente".
 
Troppo immobilismo. "Uno tsunami demografico al Sud' Non è uno scenario bello, ma prendiamo queste previsioni con le molle perché non è detto che alcune dinamiche non possano cambiare nel corso degli anni". Così il sociologo gesuita napoletano, padre Domenico Pizzuti, commenta il dato emerso dal Rapporto Svimez. Rispetto ai motivi che fanno emigrare tanti giovani, la mancanza di lavoro e la stagnazione, per il sociologo "di certo non possiamo aspettarci soluzioni dall‘alto.
 
Quando parliamo del Mezzogiorno, che deve ritrovare le strade della crescita, dobbiamo chiederci quali possono essere i protagonisti di questa rinascita. Oltre alle responsabilità delle classi politiche e amministrative, un ruolo chiave dovrebbero averlo alcuni settori della borghesia: ad esempio, professionisti e imprenditori".
 
Invece, sottolinea padre Pizzuti, "nel Mezzogiorno la borghesia non è molto dinamica. Qui è tutto fermo, non c‘è sviluppo". Anche "il mondo della cultura e dell‘Università deve contribuire alla rinascita del Sud e a offrire ai giovani motivi per restare".
 
Una nuova classe dirigente e tanta formazione. Secondo il religioso, dunque, "è necessario rinnovare la classe dirigente". "Una nuova classe dirigente qui al Sud - prosegue padre Pizzuti -, che non si preoccupi delle sue piccole convenienze, dei suoi privilegi, che non aspiri al denaro pubblico".
 
In una parola "occorre una nuova classe dirigente a cui stia a cuore il bene comune. Bene comune che deve essere lo stimolo, il pungolo che guida il modo di operare".
 
"Una strategia ulteriore per trattenere i giovani al Sud - prosegue il sociologo - è puntare sulla formazione a tutti i livelli, quindi non solo umanistica e professionale. Occorre formare ai valori, all‘impresa, alla creatività. E per favorire la formazione si devono promuovere esperienze come quelle dell‘oratorio, degli scout, del Progetto Policoro".
 
Anche se la situazione è difficile, come dimostra la fotografia offerta dal Rapporto Svimez, conclude il religioso, "non bisogna perdere la speranza e la volontà di far crescere insieme il Paese. Dovremmo riprendere in mano l‘ultimo documento dei vescovi italiani sul Sud, ‘Per un Paese solidale. Chiesa Italiana e Mezzogiorno‘, perché può aiutare a capire la strada che dobbiamo seguire. Il Paese, come ci hanno detto i nostri vescovi, non può crescere se non insieme e questo non lo dobbiamo mai dimenticare".
 
dal Sir, 28 settembre 2011


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 03-OTT-11
 

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