X Forum del Progetto Culturale - Archivio news
Prof. Riccardi, "C‘è bisogno di parole condivise sull‘Italia"

“C’è bisogno di parole condivise sull’Italia, che non siano retoriche o autolesioniste”. Lo ha detto Andrea Riccardi, ordinario di storia contemporanea all’Università “Roma Tre”, intervenendo al X Forum del progetto culturale. Il “terzo giubileo” dell’unità, dopo il 1911 e il 1961, ha esordito il relatore, è dominato dall’”incertezza del dire parole sull’identità nazionale. Ci sono incertezze, spaesamenti, rivendicazioni, delusioni. I grandi temi dell’unità non scaldano i cuori, se non quelli trattati dal revisionismo”. Oggi, ha fatto notare lo storico, “definirsi rispetto agli immigrati, ai vicini, alla capitale, non basta: occorre collocarsi non solo nella comunità delle nazioni, ma nel mondo globalizzato. Gli antagonismi con i vicini o con il centro offrono materia per i dibattiti quotidiani, ma non rispondono all’esigenza di un’ossatura della società per affrontare le temperie della globalizzazione”. Dall’altro lato, “l’appartenenza europea richiede la forma nazionale, mentre l’Unione stenta già in un’Europa di tanti o troppi Stati”. Di qui la necessità di porsi “il problema del progetto-paese”: per Riccardi, “c’è bisogno, di fronte a gente spaesata, di fronte all’educazione da dare ai giovani, di provare a chiedersi se quest’Italia ha ancora una missione. Verso se stessa e i suoi cittadini. Verso la comunità internazionale o parte di essa”.
 
“A che serve l’Italia” e “come vivere, non solo in Europa, ma tra i marosi della globalizzazione senza una forma-Stato e senza una realtà-nazione”. Queste, per il relatore, le due domande da porsi. “Non è la celebrazione dei 150 anni - ha spiegato - ad imporre un ripensamento, bensì sono le grandi sfide di un mondo fattosi largo, l’emergenza dei giganti asiatici che non può essere affrontata in ordine sparso, quelle di un panorama internazionale in cui gli Stati Uniti non sono più il padrino a cui affidare la propria tutela”. Per Riccardi, “c’è un bisogno di Italia nel mondo”, ma non basta: “Ripensarsi nel mondo della globalizzazione, senza vincoli esterni come quelli della guerra fredda, con un Occidente in difficoltà, richiede uno sforzo di volontà culturale e politica, capace di utilizzare i materiali della tradizione e di coniugarli con i segni dei tempi per un progetto”. “Un’Italia, senza i vincoli della guerra fredda, lungo questi ultimi due decenni - l’analisi dello storico - si è sganciata dagli altri e introvertita nella spirale di una divisione profonda. Ma, al di là dell’onnipresente primato dell’economico, un respiro ideale, un realismo carico di speranza, un senso geopolitico altrettanto realista, un sano senso della tradizione, un’aspirazione al futuro, possano contribuire a far crescere la politica. In un mondo con poche idee, le idee contano”.
 


Ultimo aggiornamento di questa pagina: 02-DIC-10
 

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