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ultimo aggiornamento 15/10/2015
 Nel Cantiere - Anni precedenti - Anno 2008 - Aprile - Il grande bivio 

Il grande bivio   versione testuale

Le indicazioni del Card. Ruini al 1° incontro nazionale dei Portaparola


Un contributo significativo. “Lavorare insieme per produrre qualcosa di globalmente significativo”. È l’invito che il card Camillo Ruini - Presidente del Comitato per il progetto culturale - ha rivolto ai “Portaparola” presenti a Bibione in occasione del 1° incontro nazionale. Nella società attuale, ha precisato Ruini, servono “persone e organismi che sappiano captare, interpretare e guidare” i processi in corso, in particolare quelli dove la posta in gioco sono i valori fondamentali.
 
Un servizio culturale a cui la Chiesa chiama tutti gli “animatori della comunicazione e della cultura”, di cui proprio i “Portaparola” rappresentano un’incarnazione specifica, “non solo come singoli, ma dentro a quella realtà specifica che è la Chiesa italiana”. L’obiettivo di fondo, ha ricordato, è quello di “superare il gap tra la «cultura pubblica» e la presenza capillare della Chiesa in mezzo alla gente”, in un orizzonte dove “molta gente, anche non credente, rimane perplessa e spaventata di fronte alla riduzione dell’uomo a particella della natura”, voluta da una certa “cultura laicista”.
 
Il grande bivio. Infatti, è proprio questo il “grande bivio” di fronte al quale si trova l’umanità: “Accettare che l’uomo sia solo una particella della natura, o mantenere l’assunto iniziale che egli è immagine di Dio?”. Un “bivio” che sta sullo sfondo della questione antropologica, la quale non è certo recente, “poiché l’uomo da sempre si pone domande riguardo a se stesso”, ma oggi assume “una nuova dimensione” che si rifà alla conoscenza scientifica e alla sua pretesa di avere un valore assoluto. Il porporato ha messo in guardia dal rischio “di pensare che l’unica conoscenza umana valida sia quella che può essere misurata e verificata scientificamente”. Così, infatti, “Dio uscirebbe dall’orizzonte della conoscenza e, in un certo modo, pure l’uomo”. Infatti, ad essere esclusa sarebbe “la sua soggettività, in quanto non misurabile e verificabile, e l’uomo finirebbe per essere ridotto a oggetto”.
 
Sanare le ferite. Il card. Ruini ha dunque richiamato la responsabilità dei cristiani a “orientare” questo processo antropologico, ricordando come papa Benedetto XVI abbia più volte esortato a “rifiutare una razionalità solo scientifica e tecnica, riconoscendo il valore di una razionalità umana che non perda di vista i grandi interrogativi della vita”. “Non possiamo rassegnarci”, ha ammonito, a quel “profondo disagio” che vive oggi ogni uomo, originato da “una dicotomia che vede da una parte una razionalità scientifica che si assolutizza e tende a spersonalizzare l’uomo, dall’altra un impulso profondo ad affermare la centralità dell’uomo, la sua libertà e i suoi diritti”.
 
La soluzione, però, non sta nel “tornare indietro”, ma nel “superare dal di dentro questa divisione”, facendo in modo che “il modello scientifico non espunga la questione dei valori, dell’unicità della vita, della dignità di ogni essere umano, e in fin dei conti la questione di Dio”. “Compito dei cristiani – ha sottolineato – non è essere di freno, ma propulsivi e risanatori, per sanare quella ferita profonda che c’è nell’uomo di oggi”.
ultimo aggiornamento 15/10/2015