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ultimo aggiornamento 15/10/2015
 Nel Cantiere - Anni precedenti - Anno 2008 - Febbraio - Progetto culturale: uno spazio grande 

Progetto culturale: uno spazio grande   versione testuale

Intervista al Card. Ruini, Presidente del Comitato per il Progetto culturale


Nel corso dell’ultimo Consiglio permanente della Cei, svoltosi a Roma dal 21 al 24 gennaio scorso, i vescovi hanno deciso l’istituzione di un Comitato per il progetto culturale, nominandone presidente per un quinquennio il Card. Camillo Ruini. Il Comitato, si legge nel comunicato finale del Consiglio permanente, è “finalizzato a promuovere il progetto culturale orientato in senso cristiano, accompagnandone la riflessione e sostenendo le attività del relativo Servizio nazionale”. Compito peculiare del Comitato “sarà quello di proporre iniziative qualificate, che rendano presente nell’opinione pubblica la riflessione e la proposta della Chiesa, in particolare sui temi riconducibili alla questione antropologica e alla ricerca della verità”. Al neoletto presidente, ideatore e primo “promotore” del progetto culturale lanciato nel 1995 a Palermo, abbiamo posto alcune domande.
 
Facendo riferimento al Convegno ecclesiale di Palermo del 1995, quale, tra i molteplici, il messaggio più incisivo che in questi anni è venuto dall’esperienza del progetto culturale alla Chiesa italiana?
“Il messaggio più significativo, a mio parere, è questo: l’evangelizzazione della cultura italiana di oggi è concretamente possibile. Il Vangelo, cioè, può incontrarsi con questa cultura, realizzando quella forma di «interculturalità», o incontro delle culture, di cui ha parlato l’allora cardinale Ratzinger. In altre parole, la cultura italiana, profondamente impregnata dal cattolicesimo, può rinnovarsi ed inoltrarsi nel futuro non in opposizione al cattolicesimo stesso, ma al contrario traendo da esso nuova linfa ed ispirazione”.
 
In quale misura questo percorso intellettuale ha contribuito a far crescere il laicato cattolico e renderlo più protagonista nella vita sociale e politica, considerato che il progetto culturale è nato all’indomani della fine dell’unità politica dei cattolici?
“La presenza e l’incidenza in ambito sociale e politico è una finalità «secondaria» del progetto culturale, rispetto a quella primaria dell’evangelizzazione della cultura. È però anch’essa una finalità irrinunciabile, perché il Vangelo è per la salvezza di tutto l’uomo. In ambito politico, come precisa molto bene l’Enciclica Deus caritas est, le responsabilità dirette sono non della Chiesa come tale ma dei cristiani laici, a cui è affidato un compito rilevantissimo nell’attuazione del «progetto culturale». Una novità molto significativa è che tra i laici cristiani, e tra le loro organizzazioni e movimenti, è notevolmente cresciuta negli ultimi anni la consapevolezza di questo compito e anche la volontà di attuarlo concordemente, non in rapporto alle scelte politico-partitiche, bensì in riferimento a quegli obiettivi che riguardano il bene della persona umana e come tali sono irrinunciabili. Penso non soltanto ad occasioni straordinarie come il referendum sulla procreazione assistita o il Family day, ma anche all’attenzione e all’impegno quotidiano verso tali problematiche”.
 
Progetto culturale e territorio: dopo un primo inizio incerto la condivisione della proposta da parte delle realtà locali è notevolmente cresciuta e spesso con grande creatività. Si può dire che tra la “cultura di pochi” e la “cultura della gente” si sono accorciate le distanze e c’è una reciprocità di stimoli e contributi?
“In certa misura penso si possa dirlo, almeno in rapporto agli ambienti cattolici. Si è fatto un grande lavoro, con un contributo assai significativo del Servizio nazionale per il progetto culturale, ma c’è ancora moltissimo spazio «non coperto». Penso a tante comunità parrocchiali, o religiose, che hanno bisogno di crescere e maturare sotto questo profilo. Tra le associazioni e i movimenti, alcuni hanno fin dall’inizio l’attenzione alla cultura nel loro codice genetico. Altri la stanno ora scoprendo, con vantaggio di tutti, anche di chi è «esterno». Il progetto culturale, infatti, non è concepito contro nessuno, ma piuttosto per rendere un servizio a tutti coloro che sono disposti ad accoglierlo”.
 
In quale direzione prioritaria intende continuare il suo impegno ora che è presidente del Comitato costituito nei giorni scorsi dal Consiglio episcopale permanente?
“La direzione è quella di contribuire a promuovere il progetto: potrò farlo maggiormente quando, terminato il mio compito di Vicario del Santo Padre per la diocesi di Roma, avrò più tempo disponibile. Non esagererei però la portata del ruolo che mi è stato affidato: si tratta di uno dei Comitati della Cei, che possono essere presieduti anche da non vescovi. Questi Comitati sono naturalmente al servizio della Cei e dei suoi organi direttivi, in particolare della presidenza. All’interno di questo quadro c’è comunque uno spazio grande, da coprire sempre in stretta collaborazione con il Servizio nazionale per il progetto culturale. Questo spazio riguarda soprattutto i rapporti con il mondo culturale non qualificato come «cattolico». Si tratta, in concreto, di interpretare i grandi movimenti che avvengono nella cultura e nella società: basti pensare al recente emergere della cosiddetta «questione antropologica», o al risveglio religioso e anche specificamente cristiano. La storia cammina, e oggi cammina assai rapidamente: possiamo dunque attenderci che altre importanti novità si profilino nei prossimi anni. Dobbiamo saperle cogliere ed interloquire con esse, per orientarle in maniera positiva, sotto il profilo umano e cristiano”.
 
a cura di PAOLO BUSTAFFA

Sir, 5 febbraio 2008
ultimo aggiornamento 15/10/2015