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 Progetto Culturale - Punto di vista - Il dialogo del coraggio 

n° 163 - 22 gennaio 2015

Il dialogo del coraggio

 

Per capire la questione     

Dopo i fatti di Francia e quello che sta succedendo in molti Paesi a maggioranza musulmana, la parola “dialogo” suona come una provocazione e ci si domanda: “Quale dialogo è possibile?”. A questa domanda se ne aggiunge un’altra ancora più problematica diffusa tra gente comune: che senso ha un dialogo con qualcuno che con le armi addosso è disposto a sparare in nome di Dio se le tue parole fossero percepite come offesa al Profeta e tu fossi punibile per “blasfemia”? Meglio un prudente silenzio, una tregua, limitandosi all’esercizio di relazioni sociali indispensabili. 
Ma ciò è impossibile nella società attuale. Non è immaginabile rinchiudersi dentro recinti ben definiti sul tipo di quanto successo nel Cinquecento quando per evitare le guerre di religione si stabilì la norma del ‘Cuius regio eius religio’ (Ognuno segua la religione del territorio in cui abita - Pace di Augusta 1555). Siamo “condannati” al dialogo e al confronto ogni giorno e in ogni dove. 
In una società globalizzata dove tutti parlano di tutto e dove è in atto la sfida minacciosa di un Califfato dalle mire espansionistiche che dal Medio Oriente vuol arrivare a porre la sua bandiera sull’obelisco di Piazza S. Pietro in Vaticano si moltiplicano, rimbalzati sui media a livello mondiale, discorsi, dibattiti, per lo più faziosi, parziali e aggressivi. Si è detto tutto e il suo contrario: una grande confusione. Chi ha esaltato senza riserve l’Islam depurato dai terroristi si è scontrato con chi ha diffuso e generalizzato la cultura del disprezzo. 
Si deve ritornare alla riflessione seria e serena, all’analisi della situazione e al vero dialogo fatto tra persone responsabili di ciò che affermano, mosse da sincero amore per la verità e desiderose di portare un contributo alla pace nel mondo. Risuona ancora l’ammonizione di un teologo del nostro tempo (Kung) che ha affermato: non ci sarà pace tra i popoli se non c’è pace tra le religioni. 
La Chiesa da più di 50 anni (Paolo VI, Enc. Ecclesiam suam 1964 e Concilio Vaticano II 1962-65) ha fatto del dialogo un programma insostituibile del suo comportamento nel mondo ed ha proposto questo metodo alle religioni e agli Stati di ogni continente. Oggi con papa Francesco è ribadito ed anche esplicitamente indicato il dialogo con l’Islam nella Esortazione apostolica Evangelii gaudium ai nn. 252 e 253 in termini positivi e incoraggianti, anche se dal testo traspare una certa preoccupazione per “episodi di fondamentalismo violento”, raccomandando la reciprocità nell’accoglienza e nel riconoscimento della libertà religiosa per i cristiani nei Paesi a maggioranza musulmana. 
Alle parole del Magistero ecclesiastico sono seguite molte iniziative ed esperienze, che hanno segnato le comunità cristiane. Spesso, anche ingenuamente e con superficialità si sono attuate iniziative di dialogo e collaborazione con i musulmani con poca o nulla conoscenza della religione e della cultura islamica. Questo programma è andato avanti tranquillamente con soddisfazione, con utilità pratica ed efficacia ed è stato messo in crisi quando si è avuto uno shock traumatico con l’attacco alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001, che ha segnato uno “spartiacque” non superato ed anzi allargato in termini vistosi ed allarmanti. 
Elio Bromuri, Agensir.it

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