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Eterologa, si muove il Parlamento
n° 146 - 11 settembre 2014
Eterologa, si muove il Parlamento
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Per capire la questione
Eterologa, c’è vita in Parlamento. E finalmente, dopo l’attivismo delle Regioni – che in queste ore stanno elaborando ognuna per suo conto le linee concordate la scorsa settimana a Roma tra i governatori per far partire la tecnica nei centri –, ecco che anche i deputati decidono di muoversi. A farlo sono alcuni esponenti della maggioranza, Giuseppe Fioroni e Simone Valiante (Pd), insieme a Gian Luigi Gigli (Per l’Italia), che sulla scia di una proposta di legge presentata da Nunzia De Girolamo (Ncd) ieri hanno depositato alla Camera un testo per regolamentare la spinosa questione a livello nazionale.
Il testo, che «serve – spiegano i deputati – a dare una risposta chiara alla tutela della salute, alla sicurezza della tecnica ed ai diritti dei figli», per molti aspetti si avvicina ai contenuti dalla bozza di decreto già presentato prima dell’estate dal ministro Lorenzin, ma presenta anche delle novità.
Innanzitutto si prevede che la tecnica sia «gratuita e volontaria, ma consentita solo a donne che non abbiano superato i 35 anni e agli uomini under 40». Si stabilisce, poi, l’istituzione presso l’Istituto superiore di sanità di un Registro nazionale dei donatori di cellule riproduttive: un punto dirimente, visto che in assenza di un coordinamento la tracciabilità dei gameti sarebbe di fatto a rischio. Nel Registro «sono registrati tutti i soggetti ammessi alla donazione – prosegue la proposta di legge – mediante l’attribuzione a ogni donatore di un codice. Le strutture sanitarie autorizzate al prelievo e al trattamento delle cellule riproduttive comunicano al Registro i dati anagrafici dei donatori» con modalità «idonee ad assicurare l’anonimato dei donatori ». La violazione di questi adempimenti «costituisce reato».
Ma è proprio sulla questione dell’anonimato che la proposta di legge presentata ieri alla Camera inserisce un elemento decisivo, ovvero la possibilità per i figli di conoscere l’identità del padre biologico una volta compiuti i 18 anni: «Al nato da fecondazione eterologa – si legge nella proposta – qualora lo richieda al raggiungimento della maggiore età non si può opporre nessun rifiuto per conoscere l’identità del padre biologico. Con apposito decreto del ministro della Salute saranno stabilite le modalità con cui il nato da fecondazione eterologa può interrogare il registro nazionale al fine di evitare matrimonio tra consanguinei». Il testo precisa poi che «ai genitori del bambino nato da eterologa non è consentito il disconoscimento del figlio anche in caso di separazione o divorzio». E ancora: «Alle coppie che accedono alla tecnica di fecondazione eterologa ed alle strutture sanitarie che la praticano è fatto divieto di ogni forma di selezione eugenetica». Importante anche la proposta di consentire l’eterologa «anche ricorrendo all’uso di embrioni soprannumerari »: è l’idea dell’«adozione prenatale» che punta a evitare l’abbandono e la morte degli embrioni accantonati da altre coppie e poi congelati a tempo indeterminato.
Il testo depositato da Nunzia De Girolamo per contro del Nuovo Centrodestra coincide per larghi tratti con quello a firma Fioroni-ValianteGigli, ma soprattutto è omogeneo alla proposta messa a punto dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin, presentata al Consiglio dei ministro dell’8 agosto come bozza di decreto legge e poi inviata ai capigruppo di Camera e Senato, come base per i lavori in vista di una legge d’iniziativa parlamentare dopo la decisione unanime del governo di lasciare la parola alle Camere per una normativa unica nazionale. Intento ora aggirato dalle Regioni che si stanno muovendo in ordine sparso creando un caos normativo.
È proprio sul fronte delle Regioni che l’eterologa continua a infiammare il dibattito: in Lombardia, dove già domani la riunione di Giunta dovrebbe deliberare il via libera alla tecnica, nonostante le perplessità espresse dal governatore Roberto Maroni sui costi, il Consiglio regionale è spaccato (vedi box in questa pagina). Il Piemonte, invece, si avvia a dare l’ok già lunedì, seguendo gli scatti in avanti già compiuti dopo la Toscana da Emilia Romagna, Liguria, Marche e Veneto. Il tutto mentre i centri – pubblici e privati – continuano a lamentare la mancanza di gameti con cui procedere per cominciare concretamente i trattamenti delle coppie in lista d’attesa. È il caso di una delle strutture di punta dell’Emilia Romagna, il Policlinico Sant’Orsola, che per bocca del primario di ginecologia Stefano Venturoli ha chiesto alla Regione di partire con una campagna di sensibilizzazione per i donatori: «Non abbiamo gameti e quindi alle coppie che ci chiedono di ricorrere alla pratica dobbiamo dire di aspettare ancora. Perché altrimenti cosa diamo loro?».
Le “linee guida”, insomma, non bastano affatto. E visto che si continua ad assicurare che si può partire, che gli ospedali sono pronti, il rischio concreto è che si apra all’importazione di gameti dall’estero. Con zone d’ombra facilmente immaginabili.
Viviana Daloiso
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