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 Progetto Culturale - Punto di vista - Il volto della nostra umanit? 

n° 45 - 27 marzo 2012

 

Il volto della nostra umanità

Per capire la questione

Dando per scontato purtroppo che la crisi non si risolverà né all’improvviso né troppo in fretta, dobbiamo, insieme alle nostre abitudini, modificare il nostro modo di pensare. C’è bisogno di una visione forte e condivisa che probabilmente ha il suo punto di inizio nella riscoperta del bene comune come “universale concreto”. Quel bene che ad un certo punto forse avevamo smarrito in quanto ci sembrava il bene di nessuno, o avevamo scambiato per la mera somma dei singoli processi individuali, deve per ciascuno diventare invece il proprio bene personale. Solo una generale conversione di mentalità che comporti conseguenze vincolanti – ad esempio, sul fronte del fisco, di un reddito minimo, di un welfare partecipato, di un credito agibile, insomma di un civismo responsabile – può ricreare quel clima di fiducia che oggi sembra diradato o dissolto. Un clima che sollecita e motiva l’affidamento reciproco. L’altra sfida è riconsegnare un profilo forte alla nostra comunità, quella nazionale, e che si rifrange nei mille territori. Parlo di “profilo”, perché come ogni persona ha il proprio volto e questo la caratterizza, così la società intera deve resistere alla tentazione di smarrire i propri connotati caratteristici. L’individualismo, infatti, quando diventa cultura diffusa, induce a schiacciare il profilo e il diritto sul versante soggettivo, quasi che l’identità collettiva potesse essere la somma aritmetica del benessere individuale. Ma la storia e l’esperienza dicono che non è così; che esistono anche i soggetti comunitari – come la famiglia, le diverse aggregazioni, i corpi intermedi… – che hanno dei loro profili specifici, e non sarebbe senza significato mutarli, poiché cambierebbe di conseguenza il tipo di ambiente, il tessuto sociale nel quale ciascuno vive. Anche la nazione ha un proprio volto, che non è un assemblaggio di tanti volti individuali, ma corrisponde ad una visione antropologica, composta di principi e valori. Non è indifferente infatti vivere in una società che, ad esempio, non rispetta e non promuove il valore indisponibile della vita umana, specie nei momenti di maggiore fragilità, come l’inizio e la fine. Oltre la misericordia e la solidarietà individuali, esistono anche una misericordia e una solidarietà dello Stato in quanto tale: vivere in un contesto sociale e legislativo ispirato al rispetto, alla compassione e alla partecipazione verso i più deboli, è assai diverso dal vivere in un ambiente intriso di atteggiamenti che vanno in senso opposto. Il volto della persona è decisivo, ma il volto della società e dello Stato non è da meno proprio per il bene delle persone. Quale tranquillità può garantire uno Stato che permette – se non addirittura promuove – l’aborto, l’eutanasia, il suicidio assistito, l’infanticidio e altro ancora? Qualcuno potrà pensare che nessuno da noi immagina certe aberrazioni, ma quando il piano è stato volutamente inclinato, chi può prevedere e guidare la deriva? Il limite sarà spostato sempre oltre. Anche se a nessuno viene imposto nulla, ma solo consentito, quale certezza in ordine all’accoglimento della vita fragile e alla solidarietà nelle fasi dolorose potrà essere a tutti garantita? Quale grado di umanesimo altruista potrà essere assicurato? Chi scorge l’umanità anche dove essa è più nascosta e più debole, più facilmente saprà riconoscerla quando è più evidente.
 
Card. Angelo Bagnasco

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