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 Progetto Culturale - Punto di vista - Missione Metropoli 

n° 43 - 13 marzo 2012

 

Missione Metropoli

Per capire la questione

La «rivoluzione culturale» che comincia con Gesù Cristo si fonda sulla rivelazione di Dio come Padre: non solo un padre cosmico, all’inizio dell’universo e della vita. Ma appunto un padre personale, «genitore» del Figlio e, in lui, di ogni uomo e donna nella storia. L’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia ha guidato venerdì sera nel Duomo del capoluogo piemontese la seconda meditazione del ciclo sui primi articoli del Credo: un’iniziativa che aveva proposto fin dallo scorso anno nella sua prima Lettera pastorale «Sulla tua parola getterò le reti» e che è diventata il cuore dell’iniziativa pastorale «Missione metropoli», lanciata in 12 grandi città europee dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. Torino, come tutte le altre metropoli in Europa, ha scelto di proporre l’iniziativa nel tempo di Quaresima, attraverso un incontro non solo liturgico e celebrativo ma anche culturale, proposto a tutti, non solo ai fedeli.
Il ciclo, iniziato il 2 marzo scorso con un primo incontro dedicato particolarmente ai giovani, prosegue per tutti i venerdì di Quaresima e si concluderà con la Via Crucis cittadina la sera del Venerdì Santo. Il Dio Padre rivelato da Gesù Cristo, ha detto venerdì scorso l’arcivescovo di Torino, è la rivelazione centrale, decisiva per la nostra vita. «Molta gente, che pure dice di credere in Dio, non riesce a pensarlo vicino a sé. Eppure la novità più sconvolgente della rivelazione di Gesù riguarda proprio quella di Dio come Padre. Dio è Padre che ci ama di una tenerezza sconfinata; noi possiamo non amarlo, ma non possiamo impedirgli di amarci. Dio ci ama e ci conosce da sempre». Nessuno prima di Gesù aveva mai osato parlare di Dio come Padre, anzi «Abbà», il termine familiare che in aramaico e in ebraico indica tutta la vicinanza familiare, l’abitudine quotidiana alla persona di Dio. Il superamento dell’ebraismo comincia da qui: «Il pio ebreo – ha detto ancora Nosiglia – non si sarebbe mai permesso di chiamare Dio in modo così familiare. Dio infatti è il Creatore e Signore del cielo e della terra, l’onnipotente, il tre volte Santo, l’Unico e l’Eterno, il misericordioso e fedele, il totalmente altro, il Giudice universale. Gesù, quando parla del padre suo, lo chiama 'Abbà' perché egli solo è il Figlio unigenito che vive da sempre con lui, generato e non creato della stessa sostanza del Padre, come recita il Credo».
Nosiglia ha sottolineato come le ultime parole del Crocifisso non sono di disperazione ma appunto di «riconsegna»: «Padre, ti affido il mio spirito». Gesù accompagna i suoi discepoli, e poi tutti noi nella lunga catena della vita della Chiesa, a questa conoscenza del Padre attraverso la preghiera fondamentale, quella che gli viene richiesta dagli stessi suoi amici: il Padre Nostro. Nel dialogo seguito all’intervento dell’arcivescovo il tema della «paternità di Dio» è emerso come realtà viva nella Chiesa di oggi attraverso la testimonianza di un padre affidatario, che si prepara ad accogliere il primo «figlio» nella sua famiglia.
Marco Bonatti

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