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 Progetto Culturale - Punto di vista - Educare alla cittadinanza responsabile 

n° 41 - 21 febbraio 2012

 

Educare alla cittadinanza responsabile

Per capire la questione

Dobbiamo riaffermare il punto sorgivo della presenza sociale e civile dei cattolici: il primato della vita spirituale, quel guardare fermamente al volto di Cristo che con la forza del suo Spirito sprigiona dinamismi virtuosi d’intelligenza e di dedizione. Qualora si sbiadisse questo primato, i cristiani sarebbero omologati alla cultura dominante e a interessi particolari: in una parola, sarebbero sopraffatti dalle onde dove stava per affondare l’apostolo Pietro. L’esperienza insegna da sempre che, in ogni campo, non sono l’organizzazione efficiente o il coagulo di interessi materiali o ideologici che reggono gli urti della storia e degli egoismi di singoli o di parti, ma la consonanza delle anime e dei cuori, la verità e la forza degli ideali. E ciò vale non solo per il singolo individuo, ma anche per un Paese, una civiltà, una cultura. Se, in forza del relativismo gnoseologico e morale, venissero corrosi i valori che giustificano l’impegno della vita, allora verrebbero meno anche le fondamenta e le forze che sostengono la convivenza sociale, ed edificano una Nazione come comunità di vita e di destino. E’ questo patrimonio spirituale che permette l’unità culturale e sociale dei cristiani per essere, secondo la parola del Maestro, lievito e sale nella pasta.
Radicati e fondati in Cristo – come due milioni di giovani hanno meditato alla Giornata Mondiale della Gioventù a Madrid (agosto 2011) – i cristiani abitano la storia consapevoli di avere qualcosa di proprio da dire, qualcosa di decisivo per il bene dell’umanità. Qualcosa che è dato dalla fede, che si rivela pienamente in Gesù, ma che – in misura – è avvicinabile dalla ragione pensante e aperta: è l’autentica concezione dell’uomo, della sua dignità, dei suoi bisogni veri, non indotti e imposti da una cultura prona all’ideologia del mercato. Senza questa visione, paragonabile al tesoro nascosto nel campo o alla perla preziosa, l’ordine sociale e civile si deforma e progressivamente si allontana dall’uomo. E’ con questo patrimonio universale che la comunità cristiana deve animare i settori prepolitici nei quali maturano mentalità e si affinano competenze, dove si fa cultura sociale e politica. “Non si tratta di predicare il Vangelo – scriveva Paolo VI – in fasce geografiche sempre più vaste o a popolazioni sempre più estese, ma anche di raggiungere e quasi sconvolgere mediante la forza del Vangelo i criteri di giudizio, i valori determinanti, i punti di interesse, le linee di pensiero, le fonti ispiratrici e i modelli di vita dell’umanità, che sono in contrasto con la Parola di Dio e con il disegno della salvezza” (Evangelii nuntiandi, n. 19).
Card. Angelo Bagnasco

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