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Contemporanei alla Misericordia   versione testuale








Fintantoché esiste un credente
 
bisogna che, per essere divenuto tale,
egli sia stato, e che, come credente, egli sia
contemporaneo alla presenza di Cristo
S. Kierkegaard
 
 
La contemporaneità del cristiano con il Cristo è uno dei temi centrali del pensiero del filosofo danese dell’Ottocento Soeren Kierkegaard. Note sono le espressioni contenute in una delle sue ultime opere: “In rapporto all’Assoluto non c’è infatti che un solo tempo: il presente; per colui che non è contemporaneo con l’Assoluto, l’Assoluto non esiste affatto. E poiché Cristo è l’Assoluto, è facile vedere che rispetto a lui, è possibile solo una situazione: quella della contemporaneità” (Esercizio del cristianesimo, a cura di C. Fabro, Studium, Roma 1971, p. 126).
 
 
Ugualmente, nelle pagine del Diario, ribadisce che “l’unico rapporto etico che si può avere con la grandezza (così anche con Cristo) è la contemporaneità. Rapportarsi a un defunto è un rapporto estetico: la sua vita ha perduto il pungolo, non giudica la mia vita, mi permette di ammirarlo… e mi lascia anche vivere in tutt’altre categorie: non mi costringe a giudicare in senso definitivo” (Diario, a cura di C. Fabro, Morcelliana, Brescia 1962, p. 348). Perché Gesù Cristo abbia realmente a che fare con la vita di ogni uomo, occorre riconoscerlo vivo nel presente, oggi come ieri. “Solo se mi è contemporaneo, mi può salvare”, ricorda il cardinale Angelo Scola.
 
Esiste però un rischio. Quello di ridurre tale rapporto fra Cristo e il cristiano a puro sentimentalismo. Non è l’ammirazione che è richiesta, ma l’imitazione. La differenza è notevole: mentre l’imitatore aspira ad essere ciò che egli ammira, il semplice ammiratore invece “rimane personalmente fuori”, come fece il Giovane Ricco del vangelo, che ammirava Gesù ma non decise di seguirlo e imitarlo.
 
Kierkegaard non manca di spingersi oltre, notando che l’imitazione di Cristo non può essere mai completa. Egli infatti non è solo il modello da imitare, ma il Redentore davanti a cui inginocchiarsi. “Il Modello – scrive nel Diario – è a un tempo Colui che infinitamente ti giudica nel modo più severo e Colui che ha misericordia di te… Allora ricorri al Modello, perché abbia misericordia di te”.
 
Continua il Diario: “Ciò che in diversi scritti ho svolto sulla ‘contemporaneità’, che cioè essa costituisce il criterio di misura, è assolutamente vero sotto l’aspetto poetico, storico ed etico, e conserva quindi il suo valore; e in un certo senso vale anche rispetto a Cristo come persona storica. Ma Cristo è allo stesso tempo la realtà dogmatica. Qui sta la differenza. La Sua morte è la Redenzione”. Così, conclude, “importa soprattutto l’adorazione, e solo attraverso l’adorazione si può voler imitare”.
 
 
 
 
 
 
 
 
ultimo aggiornamento 15/10/2015