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Un'Europa senza culle   versione testuale

Rory Fitzgerlad








In nessun Paese dell’Unione europea il tasso di natalità è tale da consentire la sostituzione della popolazione, e molti Paesi si avviano verso il crollo demografico. Alcuni esperti ritengono che sia in gioco la sopravvivenza della civiltà europea. Con la Germania, l’Italia è il Paese Ue con il tasso di natalità più basso. Perché una popolazione rimanga stabile è necessario un tasso di fecondità pari a circa 2,1 figli per donna. La media italiana è solo di 1,31 figli. Un anno fa il monito del cardinale Angelo Bagnasco: “L’Italia sta andando verso un lento suicidio demografico” in quanto “oltre il 50% delle famiglie oggi è senza figli, un quarto ne ha solo uno, il 20% ne ha due e solo il 5,1% ne ha tre o più”.
 
 
Secondo l’Eurostat, nessun Paese Ue ha un tasso di sostituzione positivo. Solo alcuni tra cui Gran Bretagna, Francia e Irlanda, hanno un saldo demografico con tendenza progressivamente positiva. Invero, i Paesi europei caratterizzati da saldo demografico negativo - Germania, Italia e Spagna - a detta di alcuni sono giunti al punto di non-ritorno demografico. Secondo alcuni demografi questi ultimi sono sprofondati in una “trappola della bassa fertilità”, concetto elaborato dal demografo Wolfgang Lutz dell’Istituto demografico di Vienna. Secondo i suoi sostenitori, nessuna società è stata in grado di risollevarsi da un tasso di natalità inferiore a 1,5 figli per donna. Il motivo risiede nel fatto che nessuna società ha un numero sufficiente di donne in età fertile quando la crescita della popolazione è stata bassa per decenni. Ciò comporta un impercettibile cambiamento culturale: l’assenza di figli e i nuclei familiari con un solo figlio diventano la norma, con la conseguente istituzionalizzazione culturale della “crescita zero”.
 
Secondo il primo rapporto sul benessere familiare diffuso poche settimane fa dall’Ocse, negli ultimi decenni “i tassi di fecondità si assestano sotto il livello di sostituzione nella maggior parte dei Paesi Ocse”: sceso a 2,7 figli per donna nel 1970 per crollare a 1,7 nel 2009. Nel rapporto si evidenziano le possibili drammatiche ripercussioni del cambiamento demografico sulle società e le economie nazionali. L’invecchiamento della popolazione comporta un declino nella forza-lavoro, ne consegue che un crescente numero di persone anziane dipende da una sempre più esigua forza lavoro. Il documento si sofferma sulla causa del crollo del tasso di natalità nel mondo sviluppato: “Rimandare il concepimento dei figli è tra le cause principali del basso tasso di fertilità, mentre un maggiore accesso ai contraccettivi ha consentito alla popolazione adulta di esercitare un maggiore controllo sul tempo delle nascite. Un sempre maggior numero di uomini e donne mirano principalmente ad affermarsi nel mondo del lavoro, posticipando il concepimento dei figli”.
 
Secondo i dati emersi da una ricerca condotta da Letizia Mencarini, docente di demografia all’Università’ di Firenze, su un campione di oltre 3.000 madri Italiane nei nuclei familiari con un figlio, la partecipazione dei padri nella vita domestica incoraggia le mogli a volere un secondo figlio. Una ricerca Eurostat mostra che gli aborti nell’Ue nel 2008 sono stati oltre un milione. Secondo l’Institute of Family Policies (www.ipfe.org), “il numero di aborti nei 27 Paesi in un anno (1.207.646) equivale al deficit nel tasso di natalità in Europa”.
 
A livello generale, le ragioni del crollo della fertilità in Europa sono da ricercarsi nella diffusione di una cultura che incorpora un modello di famiglia ristretta, la procrastinazione del concepimento, l’accesso ai contraccettivi, le difficoltà di conciliare il lavoro con la famiglia e il fatto che molte donne, una volta incinte, decidono di interrompere la gravidanza. Tuttavia, Jesse Ausubel, futurologo alla Rockefeller University di New York, ritiene che occorra prendere in considerazione l’esistenza di elementi meno evidenti: “La questione oggi è che un sentimento sociale sottende e influenza la decisione personale di procreare. È probabile che oggi il sentimento subliminale dell’Europa vada nella direzione di un blackout dopo 1000 anni di protagonismo”. Se un alveare, una colonia di foche o un branco di cerbiatti iniziassero lentamente a scomparire, penseremmo che sia accaduto qualcosa di tragicamente sbagliato. Forse il compito più urgente della nostra epoca è ricercare quel qualcosa che sta andando per il verso sbagliato in gran parte dell’Europa. È in gioco la sopravvivenza di alcune delle più belle e antiche culture del mondo.
 
Rory Fitzgerlad (Irlanda)
 
Sir, 10 giugno 2011
  
 
 
 
ultimo aggiornamento 15/10/2015