Torna alla home
ultimo aggiornamento 15/10/2015
 Forum - Tutti i Forum - IV Forum - Il futuro dell'uomo. Un progetto di vita buona: corpo,affetti, lavoro - Il futuro dell'uomo - Un progetto di vita buona: corpo, affetti, lavoro 

Il futuro dell'uomo - Un progetto di vita buona: corpo, affetti, lavoro   versione testuale

Robert Spaemann

IV Forum del Progetto culturale Il futuro dell'uomo - Un progetto di vita buona: corpo, affetti, lavoro Il futuro dell'uomo Robert Spaemann Possiamo designare l'epoca in cui viviamo come la fine delle utopie, la fine dei "lendemains qui chantent" (i domani che cantano). Certamente vale ancora la pena di leggere un libro come la Politeia (La Repubblica) di Platone o il libro cui le utopie devono il loro nome: l'Utopia di Tommaso Moro. Entrambi i libri non sono scritti programmatici. In essi non si nasconde la speranza di realizzazione. L'Utopia di Tommaso Moro, come dichiara l'autore, non è un progetto per il futuro, ma una specie di manuale repubblicano per il principe. Descrive gli uomini nello status naturae purae, quindi in condizioni che Moro stesso, da buon cattolico, riteneva irreali: uno stato senza peccato, senza rivelazione e senza redenzione. I pagani ideali di questo stato, che non ci sono mai stati né ci saranno mai, dovevano umiliare gli Stati cristiani esistenti, tra gli altri anche quello di cui Moro stesso era cancelliere. Le utopie in senso moderno avevano un significato del tutto diverso. Erano progetti che riguardavano il futuro, con carattere programmatico.
Subentrarono al posto della speranza cristiana nel ritorno di Cristo e in un regno di Dio, in un nuovo cielo e in una nuova terra di là dal confine della morte. Soprattutto due aspetti distinguono questa speranza dalle utopie moderne. Primo: il regno di Dio alla fine dei tempi non è prodotto dall'uomo e non è il risultato di una dinamica interna alla storia.
Quest'ultima piuttosto conduce, negli ultimi tempi, alla scomparsa della fede e il suo ultimo prodotto è l'anticristo. Il compito di tutte le autorità politiche prima del sedicesimo secolo, non era perciò quello di affrettare il processo storico, ma di arrestarlo, di rallentare il declino, così come non è compito del medico di accelerare la vita, ma di differire il deperimento e la morte. Alla fine la vita stessa è vittima de ll'entropia. Fintantoché un organismo vive oppone resistenza a questo processo della "ananke", come dice Platone, della necessità. La speranza cristiana si orienta all'irruzione di una potenza, che si contrappone alla legge del declino immanente ad ogni sistema vivente. Insomma si orienta alla vittoria della vita, che da un punto di vista fisico è impossibile. La seconda differenza nei confronti dell'utopia moderna sussegue alla prima: la completa novità di ciò che si aspetta, di cui Paolo afferma che sono "cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore d'uomo" (1 Cor 2,9). NOTA L'intero testo è contenuto nel file allegato.
 
Robert Spaemann
ultimo aggiornamento 15/10/2015