Torna alla home
 Progetto Culturale - Punto di vista - Nella precariet? con una speranza ragionevole 

n° 153 - 30 ottobre 2014

Nella precarietà con una speranza ragionevole

 

Per capire la questione     

Una “task force” che “metta il naso nelle Regioni” e le pungoli per un utilizzo rapido e pertinente dei fondi europei per lo sviluppo, fondi che troppo spesso rimangono inutilizzati per incapacità di formulare i “progetti”, e perciò vengono rispediti a Bruxelles. La creazione di forme di “micro-credito” per le imprese giovanili, con adeguate garanzie per stimolarne la nascita e lo sviluppo. Una “rete di famiglie” che si facciano garanti e promuovano inedite forme di “micro-credito” a sostegno del primo figlio per le giovani famiglie da poco costituite. Quelle qui sopra esposte sono tre delle numerose proposte emerse dal convegno “Nella precarietà la speranza”, tenuto a Salerno dal 24 al 26 ottobre a cura degli Uffici pastorali Cei per il lavoro, la famiglia e il laicato, sostenuti dalle rispettive Commissioni episcopali.
Il lavoro come “vocazione” e non come “posto”. Che fare? Cosa ha detto la Chiesa italiana davanti a una simile situazione? Cosa possono fare le comunità cattoliche per contribuire agli sforzi messi in atto a livello politico e amministrativo? Monsignor Giancarlo Maria Bregantini, vescovo di Campobasso-Bojano e presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali, ha offerto alcuni stimoli: “Riscoperta del lavoro manuale”, accompagnamento dei giovani a riscoprire il lavoro come “vocazione”, orientamento dei giovani non soltanto verso i corsi scolastici superiori più gettonati, valutazione se per molti di loro non sia meglio la scelta di corsi professionali (elettricisti, idraulici, cuochi, assistenti familiari, ecc.) di cui c’è carenza. Ha anche evocato “l’insegnare a fare impresa” e ha spronato a intensificare le forme di “patronato”, come accoglienza qualificata e in grado di assistere immigrati, persone a disagio, disoccupati, ex-carcerati ecc. per trovare forme di reinserimento.
“Oggi siamo nomadi perché precari”. Questo lo slogan scelto dal segretario generale della Cei, monsignor Nunzio Galantino, che ha aperto la tavola rotonda “Perché e per cosa sperare nella precarietà”, accanto al ministro del lavoro, Giuliano Poletti, il direttore di Federmeccanica, Stefano Franchi, il segretario confederale Cisl, Luigi Sbarra, e il direttore di rete di Tv2000, Paolo Ruffini. “Siamo nomadi quando non abbiamo più certezze in ambito religioso, politico e sociale - ha proseguito il vescovo -. Abbiamo perso molte di queste certezze non solo perché soggettivamente instabili o indecisi, ma perché si sono dissolte in larghi strati e non sono più riconosciute come valori stabili e universali”. Il segretario della Cei ha parlato di “mancanza di gerarchia dei riferimenti su cui orientare le nostre decisioni e la nostra vita”. “Viviamo la precarietà e provvisorietà a vari livelli: nelle coppie, nella società, nel lavoro. Dobbiamo prendere coscienza e realisticamente imparare ad affrontare e orientare le nostre scelte contando su una ‘speranza ragionevole’”. Da ultimo ha richiamato la “speranza cristiana che pone la persona come ‘fine’ della società. Ognuno ha una dignità sacra in quanto immagine divina. Se manca il lavoro la persona non riesce a realizzarsi e abbiamo a che fare con lo ‘scarto’, che provochiamo noi con i nostri comportamenti”.   
Spazi di protagonismo sociale da occupare. “La Chiesa può fare supplenza, ma chiede a chi governa risposte strutturali”: questo pensiero del card. Angelo Bagnasco (presidente Cei) è stato ricordato da monsignor Domenico Sigalini, che presiede la Commissione episcopale per il laicato. “È vero che i giovani per il 40% sono disoccupati - ha notato - ma per il 76,5% vogliono fare famiglia e proprio la famiglia deve diventare un ‘target’ non solo per la Chiesa ma per le politiche pubbliche: non bisogna solo puntare sui giovani, sui single, ma sulla famiglia che rimane il bene più grande!”, ha detto. Nel suo discorso conclusivo, si è rivolto alla politica chiedendo che “lo Stato crei le condizioni legislative e di lavoro perché sia offerto un avvenire ai giovani e possano fare famiglia”. Alle Regioni ha chiesto che “diano vita a progetti capillari sul territorio, usando i fondi europei. Per questo - ha aggiunto riferendosi a realtà come “Policoro” - ci proponiamo come soggetti partecipanti privati alle iniziative finanziabili”.
Luigi Crimella

Per Approfondire

Il fatto

guarda il video
Tags