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 Progetto Culturale - Punto di vista - La fatica del 'noi' 

n° 58 - 17 luglio 2012

 

La fatica del 'noi'

Carlo Sereni 

 

Per capire la questione

Secondo l’Istat circa il 30% dei matrimoni in Italia finisce con una separazione. E la tendenza è in aumento. Il dato in verità non stupisce. E’ sotto gli occhi di tutti come le famiglie, le coppie, gli sposi, attraversino tempi difficili. Semmai stupisce girato al contrario: il 70% dei matrimoni dura, è stabile. Anche questo è un dato di realtà e aiuta a combattere i catastrofismi. Tuttavia, tornando alla crisi dei matrimoni, considerate certamente le molte cause che si intrecciano – da quelle economiche, lavorative, generazionali e quant’altro – c’è un dato di fondo sul quale vale la pena di riflettere. Riguarda la crisi del “noi”, concetto/esperienza che è alla radice di ogni matrimonio. Si tratta di un dato antropologico importante e peraltro non nuovo: la nostra società è diventata sempre più individualista. Il soggetto si percepisce come singolo, non di rado chiuso su se stesso, autosufficiente. La realizzazione è anzitutto individuale – e magari coincide con modelli ben pubblicizzati di successo economico, di potere e di immagine – e per essa ogni altra cosa passa in secondo piano. Siamo dei navigatori, degli arrampicatori solitari, che confidano sulle proprie forze, alla ricerca dell’impresa. Talvolta ci si accompagna per strada, si formano coppie… ma la meta resta individuale. Nella coppia si cerca la realizzazione del sé, del proprio io.
Questo è il punto: se pensiamo così l’uomo e la donna, il matrimonio diventa più facilmente un’alleanza “di passaggio”, assume connotati utilitaristici, pur conditi di affetto, tenerezza e tante altre belle cose. Non è, questa descrizione, un giudizio di valore. La prospettiva del “noi”, quella cui appartiene la tradizione cristiana e sulla quale si è sviluppata gran parte della cultura occidentale (e quella che oggi è in discussione), è invece differente: la persona non è sola in radice, è piuttosto apertura, relazione, dono. L’uomo e la donna diventano “una carne sola”, l’io passa in secondo piano e si realizza pienamente solo in questa prospettiva “unitiva”. Il matrimonio non è un’alleanza temporanea, in vista di una meta da conquistare da parte di ciascuno (il benessere individuale), ma la creazione di una realtà nuova e più ricca dell’io, che diventa noi, famiglia, comunità. Non è una diminuzione, piuttosto apertura ad un orizzonte più vasto. Cercare e/o perdere la propria vita: sono termini che ricorrono nel Vangelo e aiutano a capire questa esperienza profonda che il Papa ha richiamato questa mattina.
Oggi l’esperienza del noi è in difficoltà. Per i cristiani è un campanello d’allarme, che riguarda non solo e non tanto la tenuta dei matrimoni, quanto piuttosto la possibilità della stessa evangelizzazione, la capacità di annunciare/testimoniare oggi la Buona Notizia, di farla arrivare agli uomini e alle donne, nella profondità delle esistenze. Questa cultura antropologica è come il terreno buono, arato dove seminare e oggi è in difficoltà, sempre più soffocato da rovi e aggredito dall’asfalto. Le difficoltà dei matrimoni sono le difficoltà dell’uomo di oggi, che forse una volta di più ha bisogno di sperimentare chi si china su di lui con amore e com-passione, rompendo gli schemi e aprendo le finestre su quella “vita buona” promessa e attesa. Cercata con fatica, talvolta anche sbagliando strada.
Carlo Sereni

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